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Redazione:
Mariadonata Costantini  Elisabetta Jafrancesco  Leonardo Gandi
Massimo Maggini
Fiorenza Quercioli
Camilla Salvi
Annarita Zacchi

Webmaster: Leonardo Gandi

QUADRIMESTRALE A CURA DI

N. 5
gennaio-aprile 2003
numeri precedenti

Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati


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Scrivere giovane
Mariadonata Costantini, Elisabetta Jafrancesco

Email ejafran@libero.it, mdcostan@syr.fi.it


Leggere narrativa: Maria, di Lalla Romano
Annarita Zacchi

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Email a.zacchi@libero.it


Autostima: far emergere nell’alunno i talenti compensativi
Nicoletta Cherubini

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Email ncherubini@tiscalinet.it


Un cloze all’incontrario
Leonardo Gandi

La procedura cloze è nota: si prende un testo, si tolgono alcune parole secondo determinati criteri, lo studente le reinserisce e ciò facendo si interroga sulle possibilità della lingua.

Un effetto simile si può ottenere facendo in modo che lo studente, per così dire, crei dei vuoti anziché colmarli. Il punto è però che il testo crivellato continui a essere un testo, resti cioè coeso, coerente e la grammatica torni – ma avrà certamente un significato diverso (1).

Come si fa?
Per prima cosa bisogna procurarsi un testo, piuttosto breve, non oltre le 60/70 parole. Il testo dovrebbe essere una ministoria, non importa quanto strampalata. La cosa più comoda è scriversela. Ci può pensare l’insegnante, lo possono fare gli studenti (vedi la Nota in fondo). Il maniaco dell’autenticità può mettersi a cercare in giro, anche se il genere "ministoria" del tipo che ci serve non è molto diffuso.

Quando il testo è alla lavagna, si dice agli studenti che ora ridurranno la storia al minor numero possibile di parole idealmente una parola sola.

Le regole sono:
si possono eliminare al massimo tre parole consecutive;
non si possono aggiungere, cambiare, spostare parole, modificare terminazioni (un’eccezione si può fare, volendo, per la punteggiatura);
il testo, dopo ogni eliminazione, deve restare grammaticalmente corretto e sensato (benché, come detto, acquisti un senso diverso).

Una procedura è questa:
uno studente suggerisce la parola o le parole da eliminare;
l’insegnante la/le cancella senza commentare;
lo studente è invitato a leggere il testo ridotto;

se torna (se cioè la frase resta corretta e sensata), si va avanti con un altro studente;
se non torna, può accorgersene lo studente stesso, rileggendo, e allora l’insegnante riscrive la parte cancellata;
se lo studente non se ne accorge, si chiede l’opinione degli altri;
se nessuno vede il problema l’insegnante riscrive la parte cancellata e passa alla studente successivo.

Come dicevo, l’ideale sarebbe poter ridurre il testo a una parola (è più divertente). Ma non sempre è possibile, e non è obbligatorio, dipende dal testo di partenza. Se è l’insegnante a scrivere il testo, avrà prima fatto una prova di riduzione lui stesso e perciò saprà che si può arrivare a una parola sola. Se lo scrivono gli studenti, si sta a vedere che succede.

Finita la progressiva estinzione del testo, si può proporre un processo inverso di ricostituzione, mirando a riottenere il testo di partenza dalla parola superstite oppure a inventare un altro testo, sempre seguendo le regole indicate per l’eliminazione, cioè aggiungere al massimo tre parole consecutive ecc.

Le questioni grammaticali e di coesione testuale su cui gli studenti sono sfidati a misurarsi in questa attività sono in buona parte imprevedibili, perché dipendono dalle proposte di eliminazione avanzate dagli studenti. Ciò non toglie che, se l’insegnante vuole, si possano proporre testi in cui sarà inevitabile imbattersi in punti grammaticali di sua scelta.

Trascrivo due ministorie, o minideliri, buttate giù da me in trenta secondi a partire da alcune parole "dettate dall’inconscio" (evidentemente il cibo, vedrete, è una mia ossessione) e senza pensare all’obiettivo di ridurle a una sola parola. Miracolosamente, si sono rivelate capaci di tanto. Contengono dunque tutti i mezzi di autodistruzione: allo studente, e al lettore, il saperli trovare. Vi invito a provarci.

1. (Parole di partenza: pane, cestino, commesso, bicicletta, chiave)
Stamani non ho potuto comprare il pane perché ho perso la chiave del lucchetto della mia bici. E così ho telefonato al commesso del fornaio per farmelo mandare a casa. Il nuovo cestino che avevo comprato per fare la spesa per oggi è rimasto vuoto.
2. (Parole di partenza: gatto, brioches, giornale, casa)
Un gatto rosso esce di casa una mattina e dice al suo padrone:
"Vado a prendere il giornale. Ti serve qualcosa?"
"Be’, non so" risponde il padrone. "Forse puoi comprare un litro di latte".
"Lo vuoi intero o magro?" fa il gatto rosso.
E il padrone:
"Come preferisci tu".
Il gatto ci pensa un po’, poi dice:
"Devo prendere anche due brioches?"

Nota

Per far scrivere il testo agli studenti si può fare così: si scrivono alla lavagna 4/5 parole generatrici e si chiede di comporre una ministoria (minimo una quarantina di parola, diciamo, massimo 60/70) usando quelle parole. Quando i testi sono scritti, se ne estrae uno a sorte, lo si trascrive com’è alla lavagna e si procede a un editing collettivo fino ad arrivare a un testo corretto. Questa fase di scrittura e editing è meglio svolgerla in una lezione precedente.

(1)   Trovo questa idea in M. Rinvolucri, Grammar Games, Cambridge University Press, 1996 (1a ed. 1984), pp. 59-60.  [torna al testo]

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