Piccoli
cambiamenti di qualche importanza
Laboratorio di italiano L2, due 2 ore al pomeriggio
due volte la settimana, secondo quadrimestre. I miei quattro alunni, di quinta elementare,
sono tutti di etnie diverse, un egiziano, un ivoriano, un rom e un rumeno.
Linsegnante del quadrimestre precedente mi ha dato queste due informazioni:
allinterno della classe esiste una situazione di leadership del ragazzino
ivoriano sugli altri; gli alunni hanno una competenza in italiano più o meno simile, a
parte il ragazzino rom (lo chiamerò Sefo) che ha più difficoltà.
Durante la mia prima lezione, che svolgo insieme
allinsegnante cui subentro, al momento del dettato Sefo
esce dallaula.
La lezione successiva propongo una lettura ad alta
voce. Sefo inizia, ma incontra subito difficoltà. Gli altri lo deridono e lo
interrompono. Noto che il resto del gruppo è fortemente coalizzato contro di lui (viene
emarginato e preso in giro soprattutto per il suo aspetto non curato): nei giochi a
coppie, gli altri rifiutano di stare con lui, anche se ciò può portare alla vittoria,
come ho notato la lezione precedente. Anche il modo in cui si siedono nei banchi rivela
questa emarginazione: i tre di fronte a lui solo.
Terza lezione. Propongo unattività di
accoppiamento. Mentre gli altri lavorano rapidi e sicuri, Sefo
inizia, ma alla prima difficoltà di nuovo interrompe il lavoro, nonostante gli offra il
mio aiuto. Si mette a disegnare, disturba gli altri dicendo parolacce.
A questo punto comincio a riflettere sulla
situazione. E sento che posso fare qualcosa. Infatti, cambiando attività un cambiamento
in meglio, anche se piccolo, cè stato: dalluscire dallaula alla
proposta del dettato si è comunque arrivati, con la lettura e lattività di
accoppiamento, a un inizio di attività, anche se subito interrotto. Allora, mi
dico, sta a me trovare la chiave giusta, cioè delle attività che riescano almeno un
po a tenere Sefo impegnato insieme ai suoi compagni. Certo, qui ci muoviamo su un
doppio binario, non solo didattico ma anche psicologico, (ma fino a che punto i due
aspetti sono scissi?). Cè una situazione di disagio, di non accettazione, di
emarginazione, di senso di inferiorità. Posso allora cercare di proporre attività che
riescano a tenerlo impegnato e al tempo stesso tendenti ad accrescere la sua autostima.
Devo cercare di capire se ci sono cose in cui Sefo ha del talento e valorizzarle, essere
io la prima a manifestare approvazione per il suo lavoro. Inoltre ho notato che Sefo è
sensibile ai talenti degli altri come quello del ragazzino ivoriano per il disegno
e sembra volerli imitare.
Durante la quarta e per ora ultima lezione [il
testo è stato scritto a febbraio - n.d.r.] il ragazzino ivoriano ha composto una
piccola poesia ricopiandola in bella sul quaderno. Sefo ha subito cercato di fare lo
stesso. Lho convinto che anche lui poteva scrivere una poesia e mi sono offerta di
scriverla io per lui, sotto sua dettatura. Alla fine ha deciso di
ricopiarla su un foglio, sotto mia dettatura (un dettato inconsapevole!). Ma anche
stavolta, al primo errore, ha interrotto tutto e ha strappato il foglio.
Parlando con i maestri ho scoperto che fino
allanno scorso Sefo si rifiutava di fare qualsiasi cosa, rovesciava i banchi e
tirava pugni sulle porte. Ora, in rapporto, disciplina e impegno nelle attività sono a un
buon punto.
Comincio ad accettare il fatto che sì, molto
dipende da me, ma non tutto. E poi, già, per valutare un percorso occorre vedere non dove
si è arrivati, ma da dove si è partiti, ha detto qualcuno.
In queste poche ore passate con Sefo e i suoi
compagni ho già cambiato il mio modo di guardare le cose. Ho imparato ad osservare,
intercettare, valorizzare ogni singolo piccolo cambiamento e a leggere microscopici
risultati. Non è restato che mostrarli anche a Sefo.
Linda Bertella