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Insegnanti di tutto il mondo:
informatevi!
Diane Musumeci, Breaking Tradition: An Exploration of the Historical Relationship between
Theory and Practice in Second Language Teaching, McGraw Hill, 1997Dal 1970 in poi si è assistito ad un interesse sempre
crescente per la glottodidattica e tutto ciò che precede questa data viene etichettato in
genere come metodo "grammaticale traduttivo"
ma il passato di questa
professione è veramente così monolitico? E soprattutto: l'insegnamento di una L2 è
davvero un fenomeno esclusivo del ventesimo secolo (evolutosi dal comportamentismo agli
approcci comunicativi)?
Lautrice parte da queste
domande ed invita a riflettere su ciò che comunemente viene definito "metodo
tradizionale". Con lintento di ampliare la prospettiva si tuffa nei secoli
passati (il Quattrocento, il Cinquecento e il Seicento). Esplorando le opere di Guarino
Guarini, Ignazio di Loyola e Giovanni Comenio, pedagogisti e riformatori, Musumeci indaga
sul legame tra teoria glottodidattica e applicazione pratica. Infine riflette sul destino
delle innovazioni e sul presente, su cosa fa o non fa scattare una modifica radicale nel modo di
pensare degli insegnanti.
Tratteggerò ora in breve le linee principali del
pensiero dei tre umanisti.
Guarino
Guarini (1374-1460)
Guarino Guarini era un dotto veronese, traduttore e precettore dei prìncipi della casa
dEste, famoso in Italia ed Europa come docente di greco e latino. In unepoca
caratterizzata dalla riscoperta dei classici e dalluso del latino per comunicare a
livello internazionale tra dotti europei, Guarini introdusse il curricolo degli studia
humanitatis, la cui finalità si sposta dal semplice essere in grado di copiare gli
autori classici alla loro comprensione-interpretazione (1).
Qual era il metodo di Guarini, tanto lodato per la
sua efficacia di docente? Guarini non ha lasciato un corpus di pedagogia, ma solo
lettere ai suoi allievi; il figlio Battista però ne ha trasmesso i pensieri in un
documento dal titolo De ordine docendi et discendi del 1459. Battista, filologo e
traduttore, parlava con scioltezza latino e greco ed era stato anchegli allievo del
padre.
Musumeci mette in evidenza le differenze tra i due,
la prima delle quali consiste proprio nella decisione del padre di non scrivere un
trattato pedagogico, mentre il figlio era convinto che il suo dovere di insegnante fosse
quello di fornire delle linee direttive.
Entrambi convengono sullapprendimento del
latino come lingua viva ed enfatizzano la priorità del significato sulla forma
grammaticale, consonante con la finalità degli studia humanitatis, che miravano a
sviluppare non solo le capacità ricettive, ma anche quelle espressive. Tuttavia Battista
parla sempre di regole, ordine, norme, metodo, precetti, precisione e correzione, mentre
Guarini riempie le sue lettere di consigli personali e raccomandazioni.
Mentre il padre era un insegnante eccellente,
affezionato, interessato ai suoi studenti, preoccupato di rendere piacevole
linsegnamento e di essere più una guida che un direttore, Battista era invece
pedante e interessato più al metodo, alle regole ed allordine che alle persone e ai
loro bisogni.
Le teorie di Guarini sono
consonanti con quelle moderne secondo le quali lapprendimento avviene a stadi e la
competenza linguistica emerge lentamente ed in modo non ordinato: pur avendo scritto una
grammatica ("Regulae"), non nomina quasi mai lo studio delle regole come
condizione di sviluppo nellapprendimento linguistico, al contrario consiglia di
immergersi nella lettura dei testi originali come metodo migliore per apprendere una
lingua. Egli offre anche delle strategie interattive di lettura e di scrittura
incredibilmente moderne (2). Battista di contro dedica una lunga
sezione alle regole fondamentali che assicurano la correttezza e il parlare in modo
scorrevole. Egli è convinto che la pratica e la ripetizione (in termini odierni explicit
instruction e drills) siano necessarie e che sia fondamentale evitare fin
dallinizio che gli studenti facciano errori declinando nomi e coniugando verbi.
Battista considerava linsegnamento come poliziesco e lapprendimento come
lineare negando evidenza a interlingua e stadi di sviluppo.
Secondo Battista anche qui i due sono su
posizioni opposte linsegnante è responsabile dellapprendimento dei
discenti, atteggiamento oggi per fortuna rivisto da una visione più "ecologica"
dellinsegnamento, che vede entrambi le parti (insegnante e discenti) come
responsabili e linsegnante non più come direttore, ma come guida, facilitatore,
mediatore interculturale o risorsa.
Alla morte di Guarini, coloro che seguirono i
precetti del De ordine docendi, adottarono in realtà le idee di Battista, non
quelle dellillustre padre, che rimasero praticamente quasi sconosciute.
Ignazio di Loyola (1491-1556)
Lo sfondo su cui agisce Ignazio di Loyola è diverso: nel Cinquecento le varie lingue
nazionali europee si andavano cristallizzando così come gli stati europei e il latino non
era più la lingua di prestigio per avanzare nella carriera. La nascente borghesia voleva
tuttavia fare apprendere il latino ai suoi figli, perché, sebbene non fosse più lingua
di normale comunicazione, era pur sempre associata alla Chiesa cattolica.
Ignazio di Loyola, convertitosi dopo una ferita di
guerra alla difesa degli ideali religiosi, creò un sistema educativo che guadagnò fama e
rispetto fin nei secoli successivi. I suoi tentativi di imparare il latino ebbero dei
buoni risultati solo quando iniziò a studiare filosofia a Parigi in un programma in cui
"si insegnavano le lingue antiche secondo il metodo dei più avanzati umanisti
italiani" (enfasi sui testi classici come base per un uso comunicativo della lingua).
Ignazio di Loyola aveva il piano molto ambizioso di
fondare collegi gesuiti in tutta Europa. A questo proposito scrisse tra il 1547 e il 1550
nelle Costituzioni le linee guida che sarebbero servite da riferimento per rendere
uniforme ogni collegio.
Il suo contributo alleducazione occidentale
non sta nel contenuto del suo curricolo (egli adottò essenzialmente quello di Guarini),
ma nella programmazione e nellorganizzazione dettagliata degli studi, con piccole
classi in cui linsegnante poteva individualizzare linsegnamento e tutto era un
supporto allapprendimento, inclusa la ricreazione.
Le letture erano in latino e la
grammatica veniva appresa attraverso lo studio di storia, scienza, matematica, poesia e
retorica. Per lo sviluppo delle abilità espressive era prevista la frequenza quotidiana
di lezioni in latino e luso del latino per comunicare e scambiarsi idee in
discussioni di gruppo, riassunti orali e composizioni. Ignazio di Loyola propugna
limmersione totale in una L2 e vede nel compito dellinsegnante quello di
selezionare materiale motivante e interessante e di incoraggiare i discenti a interagire
con i contenuti (3).
Tuttavia, se questa era la teoria
di Ignazio, come base del curricolo gesuita non fu seguito il piano di Loyola, ma ne fu
seguito un altro, basato sulla Ratio Studiorum, iniziata 32 anni dopo la
pubblicazione delle Costituzioni. La Ratio non è opera di un singolo
autore, ma il frutto di rettori, insegnanti e membri della Società del Gesù (4). La Ratio riduce tutto a regole, elimina le giustificazioni e
spiegazioni invece abbondanti nelle Costituzioni e precisa tutti i dettagli che
Loyola aveva intenzionalmente lasciato aperti per rendere flessibile il sistema.
Mentre Ignazio aveva programmato unimmersione
totale nel latino, la Ratio prevede che si usi il latino solo in classe, solo tra
gli studenti avanzati e solo per uno uso scritto: luso della madrelingua si diffuse
e spiazzò il latino. Gli incontri settimanali di Ignazio per esercitarsi oralmente
vennero ridotti drasticamente a due volte allanno. Il latino divenne un sistema di
precetti e non un sistema di comunicazione.
Mentre il metodo umanista credeva che attraverso il
contenuto di una materia si imparasse anche la lingua, per gli autori della Ratio
si doveva prima imparare il latino, studiando regole di grammatica per tre anni e senza
leggere gli autori classici. Al terzo anno, in cui si presupponeva che avessero una
conoscenza completa della grammatica, i discenti continuavano a tradurre tutto e la
spiegazione in latino veniva seguita immediatamente da quella in madrelingua. Anche la
ripetizione di frasi a memoria, aborrita dagli umanisti, divenne una pratica ben vista e
raccomandata dalla Ratio.
Il fatto di non usare il latino come unica lingua
di comunicazione ebbe un effetto devastante sullo sviluppo delle abilità espressive.
Giovanni Comenio (1592-1670)
In un clima di radicali cambiamenti intellettuali (5), il nuovo
razionalismo scientifico minò lautorità degli autori classici e della tradizione.
Lobiettivo umanista di salvare il latino non avrebbe potuto comunque realizzarsi per
via dei nascenti interessi nazionalistici, mal compatibili con una lingua internazionale.
Tuttavia, secondo la Musumeci uno dei fattori che sicuramente portò al declino del latino
è da vedere proprio nel metodo di insegnamento usato, centrato sulla traduzione e
sulluso della lingua madre durante la lezione. Il latino si continuò a studiare, ma
non fu più lingua di interazione.
La visione riformatrice di Giovanni Comenio fu di
portata ancor più grande rispetto a quella di Loyola, in quanto egli scrisse programmi
per tutti i livelli scolastici, dai più bassi fino alluniversità. Comenio ricorda
di aver imparato il latino studiando regole ed irregolarità senza capire nulla: se questo
non servì a imparare il latino, risultò poi fondamentale per i suoi propositi di
riformare un sistema inefficiente e trovare un modo più facile e piacevole di insegnare.
Egli criticò fortemente il metodo allora attuale di far precedere linsegnamento di
una lingua allinsegnamento di altre materie. Secondo Comenio invece
linsegnamento della lingua deve essere accompagnato da un "insegnamento in
cose" (materie scolastiche). La teoria didattica di Comenio sembra coincidere con
quella di Guarini e Loyola: le lingue si imparano usandole come mezzo attraverso il quale
acquisire conoscenza e quindi per la loro utilità pratica.
Tuttavia Comenio è pieno di contraddizioni, che
lautrice mette in evidenza.
Egli riteneva che cominciare con la grammatica
e non con qualche autore confondesse i discenti; convinto che nessuna lingua
si impari attraverso la grammatica, vide la soluzione nellunire il contenuto alla
lingua e nelloffrire più esempi e meno precetti e soprattutto materiale più
appropriato alletà e più fondato pedagogicamente. A tal proposito scrisse alcuni
libri di testo, tra cui Janua linguarum reserata, un libro che ebbe allora un
successo straordinario, organizzato in frasi (1000 in totale) in progressione sintattica e
attorno a temi pratici per facilitare la comprensione (tuttavia le frasi latine apparivano
insieme al loro equivalente nella madrelingua).
Dal momento che gli insegnanti lamentavano che il
libro fosse troppo difficile per gli studenti, Comenio scrisse una versione semplificata,
il Vestibulum, in cui 427 frasi semplici in latino presentavano il lessico più
comune (1000 parole contro le 8000 del Janua); in una versione successiva al Vestibulum,
Comenio arrivò a semplificare ulteriormente, compilando liste di parole in latino e
italiano, suggerendo che i discenti devono padroneggiare la grammatica prima di procedere
al contenuto e finendo così col contraddire ciò che aveva affermato prima sulla
necessità di imparare "fatti" in lingua straniera.
Oltre a libri di testo egli scrisse
anche Regole per lo studio delle lingue, una delle quali consigliava di studiare
prima la lingua madre, poi le lingue di paesi confinanti e solo dopo le lingue morte (6).
In unaltra regola afferma che
le lingue non vanno imparate con regole di grammatica, che sono per lo più ostacoli.
Tuttavia più avanti contraddice quanto appena detto perché raccomanda lo studio delle
regole. Se da una parte critica le ripetizioni e le memorizzazioni, dallaltra la
programmazione di una lezione prevede la ripetizione esatta di ciò che aveva detto
linsegnante, con gli stessi esempi e spiegazioni
(7).
Progressista nelle sue idee di insegnare anche ai
meno intellettualmente dotati e moderno perché propugnava la scolarizzazione anche alle
donne, egli vedeva tuttavia gli insegnanti come domatori di cavalli o come contenitori che
riversano la loro conoscenza nella testa degli studenti come fossero "pagine
bianche". Inoltre riteneva che linsegnamento fosse possibile anche a gruppi di
cento studenti
dove è andato a finire linsegnamento individualizzato di
Guarini e Loyola?
Conclusioni
Le teorie glottodidattiche di Guarini, di Loyola e di Comenio vedevano la lingua come
sistema di comunicazione e propugnavano lo sviluppo di abilità funzionali nella L2. Ciò
che le accomunava era il sillabo basato sullinterpretazione di testi interessanti e
autentici, luso della L2 fin dallinizio e lidea innovatrice che i
discenti possono acquisire il contenuto di una materia prima di padroneggiare tutte le
complessità di una lingua. Tuttavia i metodologi che poi scrissero i manuali per gli
insegnanti, raccomandarono cose del tutto diverse e per tutto il Settecento e
lOttocento lo studio del latino e delle altre lingue straniere fu costituito da
regole, memorizzazione di vocaboli, declinazioni e coniugazioni, traduzioni ed esercizi...
che non riflettono l"altra" tradizione classica dellinsegnamento
delle lingue rappresentata da Guarini e da Loyola. Trascurandola, secondo la Musumeci, si
è perso il meglio delleducazione occidentale.
La ricercatrice americana è una convinta
sostenitrice del CLIL (Content
and Language Integrated Learning o Content-Based Instruction) (8), un approccio formatosi in Canada nel 1965 sulla scia di un
insegnamento linguistico orientato alluso pratico della lingua e diffusosi anche in
Nord America e Inghilterra negli ultimi quaranta anni. I programmi basati sul CLIL sono
caratterizzati dallinsegnamento di contenuti, ad es. geografia, matematica,
sociologia ecc. nella L2, quindi dalluso della lingua come mezzo per imparare e non
come oggetto di analisi. Essi hanno una chiara matrice teorica nella linguistica applicata
e negli studi sullacquisizione linguistica. Hanno inoltre dimostrato come
lintreccio di lingua e contenuto costituisca una condizione privilegiata per
raggiungere alti gradi di competenza linguistica e come lacquisizione della lingua
avvenga "incidentalmente, strada facendo".
Un merito dellautrice - oltre
a quello di aver investigato un passato così poco conosciuto - è innanzitutto quello di
far riflettere sul destino delle innovazioni pedagogiche. La sua tesi finale è che il
problema della didattica di una L2 non è risolto e che il destino dellattuale
approccio comunicativo minaccia di subire la stessa sorte delle idee innovatrici dei tre
umanisti, perché nel momento in cui si promuovono come "comunicative" pratiche
didattiche che fanno della grammatica il principio organizzativo dellapprendimento
linguistico, avviene in realtà uno storpiamento dellidea originale. La convinzione
che dal livello di conoscenze grammaticali dei discenti dipenda il loro agire e la loro
interazione con i testi autentici ha infatti ostacolato la riforma (9)
e ha lasciato lo status quo.
Nelle affermazioni di Musumeci
riecheggia la posizione di gran parte di ricercatori e linguisti americani, i quali già
dagli anni 70 hanno contribuito a enucleare i veri principi comunicativi e a
definire nel concetto di Competenza Comunicativa
(10) altre
capacità ugualmente indispensabili: Sociolinguistica o Pragmatica, Strategica, del
Discorso e Linguistica (11).
Da un certo punto di vista potrebbe
sembrare che il libro della Musumeci si inserisca nella dicotomia di fondo che divide la
teoria dellinsegnamento linguistico in due visioni differenti dellacquisizione
linguistica, una basata sulla conoscenza di strutture grammaticali e laltra più
sulluso funzionale e autentico della lingua. Ma ciò non renderebbe giustizia ad
alcuni aspetti importanti del libro: innanzitutto il far riflettere sullimportanza
dellinsegnamento veramente comunicativo soprattutto in alcuni contesti particolari.
Potrà sembrare superfluo soffermarsi su questo aspetto, ma se si pensa che
litaliano allestero (in cui i discenti condividono la madrelingua) viene
ancora oggi insegnato spesso nella loro madrelingua privando quindi i discenti
dellinput indispensabile per progredire nella L2 allora questa riflessione
non è affatto secondaria. In contesti di lingua straniera, linsegnante comunica
spesso nella madrelingua e se tali tentativi sembrano apparentemente rendere la lezione
più veloce ed efficiente, in realtà i discenti vengono privati di opportunità vitali e
intralciati nel loro bisogno di sviluppare la competenza nella L2. In quei contesti si
assiste secondo la Musumeci allincapacità dellinsegnante di gestire luso
esclusivo della L2 (12).
Riportare la
tesi della Musumeci alla dicotomia grammatica vs. comunicazione autentica non renderebbe
giustizia neanche alla posizione dellautrice che riflette sulla natura delle
innovazioni in ambienti istituzionali e si rifà allindagine di Fullan del 1992 sui
cambiamenti (su come si realizzano o non si realizzano). L'idea è che siano centrali
cambiamenti in tre aree affinché nuove pratiche didattiche e metodologiche abbiano
successo nelle scuole: metodo, materiale (13) e pensiero.
La vera innovazione richiede anche e soprattutto una modifica radicale
nel modo di pensare degli insegnanti: linsegnamento linguistico sarà veramente
comunicativo quando sarà davvero centrato sull"interpretazione, espressione e
negoziazione di significato" (14).
Tutto ciò è indubbiamente vero,
ma la confusione degli insegnanti continua ad essere enorme (15),
bombardati da materiali e metodi che vogliono essere sempre più "nuovi",
abbandonati alle varie teorie che ciclicamente sembrano darsi il cambio ed in fondo sempre
insoddisfatti e frustrati dagli stessi problemi pratici. Purtroppo il problema della
resistenza degli insegnanti allinnovazione è sviluppato troppo poco
dallautrice. Convenendo che linterlingua dei discenti costituisce il vero
problema sia per la valutazione che per la programmazione e che la linguistica applicata
ha appena iniziato ad affrontare il problema, la Musumeci conclude giustamente ma troppo
brevemente che linnovazione significa alterazioni profonde nel
comportamento/pensiero degli insegnanti e si limita ad auspicare una professione
"più informata".
Le informazioni non mancano, anzi
gli insegnanti ne sono bombardati e se certe vecchie convinzioni persistono è perché,
come evidenzia Porcelli (1994), "le false sicurezze che la grammatica tradizionale
sembra offrire fanno apparire inutile un cambiamento di rotta". Se, come sostiene
lautrice, la responsabilità di portare avanti questo compito educativo è della
linguistica applicata, ciò che manca è la mediazione tra la ricerca della linguistica
applicata e gli insegnanti (16). Infatti i risultati di tante
recenti e importanti ricerche in linguistica applicata non lasciano lambiente
accademico e non raggiungono proprio coloro che ne trarrebbero beneficio. Sicuramente
linformazione per la nostra professione è fondamentale, come pensa Musumeci, ma è anche responsabilità
degli istituti che hanno un ruolo primario nella formazione portare la formazione e
laggiornamento a un livello più alto (17), presentando le
tendenze della ricerca e le loro implicazioni didattiche e accrescendo così la
consapevolezza negli insegnanti. Più pubblicazioni e corsi di formazione concepiti
specificamente per gli insegnanti sono quindi auspicabili: venire a conoscenza di
molte recenti "scoperte" della ricerca e soprattutto delle loro implicazioni
pratiche faciliterebbe a mio avviso labbandono di pratiche didattiche incompatibili
con i veri principi dellapproccio comunicativo.
Elena
Gallo
Note
(1) I
contenuti degli studia humanitatis erano: storia, eloquenza e grammatica (intesa non come
regole ma come arte di scrivere in modo appropriato ed efficace), oltre a filosofia,
poesia, scienza e aritmetica. torna al testo
(2) Per la lettura promuove linterazione col
testo e laggancio dei nuovi contenuti alla propria enciclopedia, consigliando di non
bloccarsi davanti ad una parola sconosciuta e di leggere la prima volta un testo nuovo
filtrandone lidea generale. ("cerca dapprima di afferrare il senso generale;
riassumilo e sintetizzalo in una unica idea; "usa la tua conoscenza e
ricapitola mentalmente ciò che hai letto; non procedere parola per parola, ma presta
attenzione al significato"). Per lo sviluppo delle abilità espressive Guarini
propone brainstorming, organizzazione delle idee e verifica, e invita a tener ben presente
a chi si rivolge lo scritto (il lettore implicito) sia nello stile, sia usando
unintroduzione. torna al
testo
(3) Parallelamente sottolinea il ruolo attivo e la
responsabilità dei discenti nel prepararsi e nel chiedere chiarimenti su punti non
compresi bene. torna al testo
(4) Dopo molte revisioni divenne definitiva dal
1599 e non fu più ritoccata fino al 1832. torna al testo
(5) Con Galilei e Keplero si era affermata la nuova
scienza; la Bibbia veniva ora tradotta e poteva esser letta e interpretata individualmente
non più in latino ma nella propria lingua. torna al testo
(6) Latino, greco ed ebraico, apprendibili
rispettivamente in due anni, un anno e sei mesi. torna al testo
(7) Queste osservazioni sulle ripetizioni furono
spesso citate negli anni 60 dai sostenitori dellapproccio audiolinguale in cui
limitazione esatta del modello era necessaria al progresso linguistico degli
studenti. torna al testo
(8) Per una base di letture sullargomento rimando a Brinton, D.,
M.A. Snow e M. Wesche, Content-based Second Language Instruction, Boston 1989,
Heinle & Heinle Publ. e Krueger M. e F. Ryan (Ed.), Language and Content,
Lexington 1993, D.C. Heath and Co. torna al testo
(9) Diversamente, i riformatori erano
preoccupati solo che le letture fossero adatte alletà (interessi) e non al numero
di anni in cui avevano studiato la lingua. torna al testo
(10) Focus sulla comunicazione e non sulla
grammatica, selezione e organizzazione del materiale in base ai contenuti e ai bisogni dei
discenti e non in base a criteri linguistici, accettazione di rischi, incomprensioni e
imprevisti. Cfr. Ciliberti 1994. torna al testo
(11) Competenza Sociolinguistica o Pragmatica
(regole per interagire in modo appropriato in diversi contest), Strategica (come ovviare a
blake-out nella comunicazione sfruttando tutte le risorse linguistiche a
disposizione), del Discorso (regole di coesione e coerenza) e Linguistica (regole
grammaticali). La Competenza Comunicativa include la capacità di applicare regole,
ma prevede anche un comportamento adeguato al contesto. torna al testo
(12) Si pensi inoltre allesperienza di Comenio: gli insegnanti che
dovevano adottare i testi di Comenio, incontravano difficoltà ad implementarli a livelli
elementari, per i quali erano invece stati concepiti e richiesero una revisione radicale
del materiale. Linnovazione non trovò impiego nei materiali. torna
al testo
(13) La Ratio dei gesuiti dimostra che la pratica
in classe si riduce a un compendio di regole e a un soffocante prescrittivismo se viene
privata dai suoi sostegni teorici: il metodo senza la teoria non garantisce
linnovazione! Il ruolo dei materiali continua a rimanere sospetto quando essi
manifestano una costante insistenza su un sillabo grammaticale (gli obiettivi linguistici
rimangono ancora espressi in termini di strutture grammaticali che gli studenti devono
essere in grado di manipolare alla fine di un corso). torna al testo
(14) Molta ricerca soprattutto americana,
enfatizza la comunicazione del messaggio e non la correttezza grammaticale ed è orientata
alla promozione di capacità negoziative come condizione privilegiata
dellacquisizione di una L2. Due sono i modelli più autorevoli di acquisizione di
una seconda lingua: il modello di input modificato di M. Long (1981) e quello di output
modificato di M. Swain (1985). Il modello di input modificato o comprensibile
rivede la tesi di Krashen (input come unico elemento essenziale per lacquisizione di
una L2) e postula che linput è necessario ma insufficiente. Veramente determinante
sono le modificazioni nel linguaggio di parlanti nativi o insegnanti quando i parlanti
stranieri segnalano non-comprensione, quindi nel tentativo di risolvere eventuali rotture
e di arrivare ad una reciproca compensione.Swain (1985) suggerisce invece che, nonostante
linput sia importantissimo, il progresso nellapprendimento di una L2 deriva da
un tipo di rifinitura continuo messo in moto dallopportunità di modificare il
proprio output, cioè la propria produzione linguistica. In questo modello il discente è
la fonte del messaggio e linsegnante segnala non-comprensione. In entrambi i
modelli, la teoria postula la negoziazione di significato come cruciale
per lo sviluppo della Competenza Comunicativa dei discenti verso uno standard nativo.
Cfr. Musumeci Teacher-learner negotiation in content-based instruction: Communication at
cross purposes? Applied Linguistics 17.3, 1996, pp. 286-325. torna al testo
(15) Confusione citata da
molti manuali (v. Porcelli, dAddio Colosimo, solo per citarne alcuni). torna al testo
(16) Già nel 1991 dAddio Colosimo lamentava
la mancanza di un anello di congiunzione. torna al testo
(17) Cfr. dAddio
Colosimo 1991. torna al testo
Bibliografia
Ciliberti, A., Manuale di glottodidattica,
Firenze, La Nuova Italia. 1994 (in particolare p. 83-96)
DAddio Colosimo, W., Dalla ricerca teorica allapplicazione didattica:
lanello mancante, in: Glottodidattica e università, a cura di G.
Porcelli e P. E. Balboni, Padova, Liviana Ed. 1991
Ellis, R., The Study of Second Language Acquisition, Oxford, Oxford
University Press 1995
Johnson, K., Understanding communication in second language classrooms,
Cambridge University Press 1995
Porcelli, G., Principi di glottodidattica, Brescia, La Scuola 1994
Swain, M., Communicative Competence: some roles of comprehensible input and
comprehensible output int its development. In S. Gass & C. Madden (a cura
di) Input in second language acquisition, pp. 235-253, Cambridge, Newbury House
1985.
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