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La didattica per progetti nella
gestione della classe plurilingue
Fiorenza Querciolii1.
Premessa
Leterogeneità linguistica e culturale
delle nostre classi invita oggi a individuare strategie didattiche in grado di gestire in
modo produttivo i diversi livelli di competenza linguistico-culturale degli allievi,
sebbene limportanza dellapprendimento individualizzato sia stata sottolineata
da più parti ben prima che si presentasse la necessità di trovare adeguate soluzioni
operative alle problematiche inerenti alla classe plurilingue. La maggiore attenzione
accordata alla personalità dellapprendente ha infatti portato allelaborazione
di una didattica centrata sul discente e, più significativo per noi, al riconoscimento
che le specificità individuali e le preconoscenze acquisite nei vari saperi condizionano
il ritmo di apprendimento dellallievo, per cui ne consegue che il gruppo-classe
viene percepito come uno spazio (fisico e mentale) angusto perché presuppone una
compattezza che può risultare faticosa per alcuni, frustrante per altri. A questo
proposito, converrà tener presente che la scansione didattica allinterno della
classe molto spesso viene dettata dalla necessità di seguire e completare un certo
programma ministeriale piuttosto che dalle reali caratteristiche degli allievi stessi che
compongono il gruppo. Da un punto di vista strettamente linguistico, basterà poi
ricordare che anche qualora ci si trovi a lavorare con una classe completamente di
autoctoni, lomogeneità linguistica - spesso data per scontata sulla sola base della
condivisione della stessa lingua madre - non è per niente garantita, anzi molto spesso i
docenti si trovano e si sono trovati a fare i conti, allinterno della stessa classe,
con alunni con una discreta competenza linguistica e con altri che non sanno ancora
padroneggiare il lessico tematico o certe strutture profonde della lingua.
In un certo senso la presenza di alunni
figli di immigrati nelle nostre aule scolastiche ci spinge ad una riflessione metodologica
che coinvolge anche gli allievi italofoni - come abbiamo visto sopra, per niente
scevri da problemi linguistici - insieme al modo di organizzare le lezioni e in ultima
analisi, di trasmettere il sapere. Torniamo a ribadire che una riflessione di questo
genere è iniziata ormai da tempo, soprattutto (ma non solo) sulla spinta dei cambiamenti
prodotti dalluso delle nuove tecnologie che hanno radicalmente mutato - appunto - il
modo di trasmettere e reperire informazioni e dallesigenza sempre più avvertita di
stabilire un collegamento costante fra mondo scolastico ed extrascolastico.
In effetti, secondo gli orientamenti più
recenti della glottodidattica, è auspicabile che lapprendimento della lingua non si
limiti a mettere in gioco le sole facoltà intellettive del discente, ma che coinvolga
lintera persona dellapprendente facendo quindi appello anche alla sua sfera
fisica ed emotiva, tanto per citarne solo alcune. Il discente viene quindi visto nella sua
interezza di persona, immerso in unesperienza complessa come lapprendimento di
una lingua seconda e/o straniera, esperienza che in questo senso mira a divenire totale e
significativa per il soggetto, che attraverso di essa dovrà impadronirsi di quella
competenza di azione - più che semplicemente comunicativa - che gli permetterà di
interagire in modo vincente usando la lingua (1).
In questottica la classe non può più
essere il luogo deputato per linsegnamento e leducazione linguistici (che
stando alle disposizioni ministeriali dovrebbero pervadere tutto il curricolo e essere
trasversali a tutte le discipline) perché i suoi confini fisici restringono il campo
esperenziale dello studente. La classe può al massimo essere lo spazio in cui si
impostano attività linguistiche da sperimentare fuori e in un secondo momento il luogo in
cui si analizzano i vari vissuti linguistici degli studenti per strutturarli in norme
comunicative.
Tutto questo sembra particolarmente giusto
quando ci si trovi a insegnare una lingua nel paese in cui si parla questa lingua, perché
in questo caso il mondo fuori dallaula offre unenorme quantità di materiale
autentico, certo per i nostri fini del tutto allo stato grezzo, ma che opportunamente
utilizzato può costituire una fonte inesauribile per le attività linguistiche.
Daltro canto, quello che
principalmente si richiede oggi ad un buon insegnante è una certa flessibilità
metodologica che prima di tutto si traduce nella capacità di progettare percorsi
didattici flessibili e articolati in grado di soddisfare i bisogni e gli interessi
individuali dei discenti. E questo è, fra laltro, anche lorientamento
didattico suggerito dal Framework (Quadro comune europeo per le lingue) che
introducendo il concetto di "competenza parziale", induce a dilatare i confini
tradizionali delle aule scolastiche e a identificare modalità di insegnamento basate
proprio sul riconoscimento delleterogeneità linguistica, culturale e disciplinare
delle nostre classi, eterogeneità non più sentita, come in passato, come un peso da
evitare o eliminare, ma come un dato di fatto da valorizzare per dare a tutti
lopportunità di imparare secondo i propri bisogni e il proprio stile di
apprendimento (2).
2. La didattica per
progetti o project work
Si tratta a questo punto di individuare una
metodologia didattica in grado di fornire allinsegnante validi suggerimenti per
attuare quanto abbiamo descritto sopra e a nostro avviso, fra le molte proposte, la
didattica per progetti o project work, è sicuramente una delle più appropriate.
Originariamente elaborato nellambito
della ricerca didattica anglosassone, il project work ha fra laltro ispirato
nella seconda metà degli anni novanta lorganizzazione didattica di libri di testo
per linsegnamento della lingua inglese a bambini, generalmente basati sulla
narrazione di una storia che ha per protagonisti alcuni personaggi fissi le cui avventure
si dipanano nel corso del libro e nelle quali sono attivamente coinvolti gli alunni. La
curiosità che naturalmente si innesca nei discenti nel seguire le avventure di personaggi
vicini al loro mondo reale e fantastico, funge da molla alla motivazione ad apprendere i
contenuti linguistici che sono veicolati attraverso i vari episodi e che al tempo stesso
serviranno per proseguire nella narrazione (3).
Secondo questa metodologia infatti si parte
da un elemento - che può essere un tema, un personaggio, un testo, una situazione - che
poi verrà approfondito durante il lavoro in classe e individualmente impostando su di
esso diversi tipi di attività che implichino luso di diverse fonti e di diversi media
per favorire lo sviluppo delle diverse abilità linguistiche e cognitive e
lacquisizione di una o più competenze disciplinari.
Nellottica di questo approccio è
assolutamente fondamentale che siano gli studenti stessi a determinare il prodotto a cui
vorranno arrivare e che può essere una raccolta di racconti brevi, una rappresentazione
teatrale, la produzione di un video o la preparazione di un articolo per un giornale che
poi sarà comunque presentato ad un pubblico composto dallintero collegio dei
docenti e dai genitori e semplicemente da altri studenti dellistituto. Tutto questo
significa che in questo ambito non può più trovare spazio il sillabo determinato a
priori e che per quanto sia essenziale arrivare alla realizzazione del prodotto, il
processo che ne determinerà lattuazione assume una rilevanza superiore perché,
attraverso attività di problem solving, permetterà agli allievi di acquisire una
serie di capacità - come selezionare informazioni, fare ipotesi, comunicare i risultati,
predisporre questionari, dialogare con esperti - che sono al tempo stesso linguistiche e
transdisciplinari. Linsegnante quindi, partendo da unanalisi dei bisogni e
delle risorse degli studenti, deve lanciare degli input e fra questi gli allievi
dovranno decidere su quale o su quali focalizzare il loro lavoro. Una volta individuato il
punto di partenza, si procede proponendo via via delle attività che portino gli allievi a
confrontarsi con varie fonti di informazioni (per esempio la visione di un film o una
ricerca su Internet, ma anche interviste a persone che possono fornire materiale inedito o
di prima mano sullargomento in esame) e che favoriscano luso delle varie
abilità linguistiche.
Durante le fasi di lavoro fuori
dallaula, ognuno può, nellambito del compito assegnato, seguire il percorso
che più gli si addice, e farlo alla velocità richiesta dalle sue competenze generali e
dal suo livello effettivo di competenza linguistica. Gli incontri in classe, organizzati
in gruppi di cinque o sei studenti al massimo, devono servire principalmente per fare il
punto della situazione, per confrontare i risultati individuali e dei vari gruppi,
arrivare ad una visione condivisa da tutti e infine, sulla base di questi dati, definire
lattività successiva. In questo modo da un lato si possono facilmente predisporre
percorsi individualizzati, magari basati sul recupero o sul rinforzo di certi aspetti
linguistici, e dallaltro il lavoro di gruppo può rappresentare unottima
occasione di crescita individuale attraverso il confronto e la collaborazione con gli
altri partecipanti.
Completamente centrata sullo studente, che,
essendo continuamente chiamato a fare delle scelte, viene reso protagonista responsabile
del proprio apprendimento, la didattica per progetti permette di valorizzare le differenze
e le risorse individuali in un continuo collegamento fra lambiente artificiale della
scuola e quello reale del mondo fuori dallaula promuovendo lautonomia e
lacquisizione di un metodo di studio applicabile anche al di fuori del contesto
dellistruzione formalizzata, nellambito del life long learning.
Prevedendo una scansione didattica in cui si
alternano momenti di lavoro individuale e di gruppo, la metodologia del project work da
un lato permette di progettare percorsi di apprendimento individualizzati e
dallaltro favorisce linstaurarsi di una mentalità collaborativa e cooperativa
allinterno della classe. Come si può facilmente evincere da quanto fin qui esposto,
il ruolo dellinsegnante deve essere quello di guida e supervisore dellintero
processo: il docente infatti non dà mai niente per scontato, al contrario lascia spesso
che siano gli studenti stessi a decidere la direzione da dare al progetto invitando e
stimolando il gruppo a una continua negoziazione dei contenuti e dei significati.
La didattica per progetti non deve però
necessariamante sostituire lintero sillabo. Al contrario, si può organizzare un
progetto che si esaurisca in poche ore o uno che, come un filo rosso, attraversi tutto il
corso e che si affianchi ad altri lavori più tradizionali. In generale si è notato che i
progetti che funzionano di più, sono quelli che si innescano intorno ad unattività
di classe che ha particolarmente suscitato linteresse degli studenti, che si snodano
a più riprese su ampie porzioni del corso e che coinvolgono più discipline.
3. Conclusione
Se crediamo veramente che la didattica per
progetti possa essere un valido strumento didattico in generale e glottodidattico in
particolare, il primo compito che ci aspetta, e che daltra parte sembra ormai
urgente assolvere, riguarda il nostro modo di porci, come insegnanti, di fronte ai nostri
allievi. Non più dispensatori di un sapere parcellizzato e in larga parte teorico,
lontano ormai anni luce dalla nostra realtà storica, culturale e lavorativa, ma promotori
di una fusione fra sapere, saper fare e saper essere (per citare ancora una
volta il Framework) che armonizzi le differenze e dia a tutti la possibilità di
imparare un metodo di studio e di crescita personale che sarà suo patrimonio per sempre.
Si tratta in sintesi di imparare larte di decentrarsi per restituire agli studenti
lautodeterminazione e la responsabilità del loro apprendimento.
Non partecipare attivamente al lavoro dei
nostri allievi non significa lasciare che il gruppo-classe vada alla deriva. Significa
osservare, da supervisori attenti, dallesterno, quasi senza essere visti,
utilizzando griglie predisposte per questo scopo e che possano fornire materiale per una
riflessione pedagogica.
Essendo basata sul riconoscimento delle
peculiarità individuali e sulla valorizzazione degli aspetti collaborativi legati al
lavoro di gruppo, la didattica per progetti offre senza dubbio la possibilità di tradurre
in prassi tutte le istanze della moderna ricerca glottodidattica e della pedagogia
interculturale.
Note
(1) Cfr.
Ciliberti 1994, in particolare le pagg. 88-96. torna al testo
(2) Cfr. Mazzotta 2002. torna al testo
(3) Si veda, a puro titolo
esemplificativo, la serie I-Spy - Corso di Inglese per la scuola elementare di J.
Ashworth, J. Clark, C. Lawday , edita dalle case editrici O.U.P. e La Nuova Italia. torna al testo
Riferimenti bibliografici
Amati, A., La didattica per
progetti: una strategia di rinnovamento, in "Strumenti Cres", maggio 1998.
Ciliberti, A. 1994. Manuale di Glottodidattica, La Nuova Italia,
Firenze.
Dolci, R., Celentin P. (a cura di) 2000. La formazione di base del
docente di Italiano per stranieri, Bonacci, Roma.
Mazzotta, P., Le direttive della Comunità Europea per
linsegnamento delle lingue, Le lingue straniere in una visione moderna
delleducazione linguistica; in Mazzotta, P. (a cura di) 2002. Europa, Lingue e
Istruzione Primaria. Pluralismo per il bambino italiano-europeo, UTET, Torino.
Morin, E. 2000. La testa ben fatta; Cortina, Milano.
Quartapelle, F. (a cura di) 1999. Didattica per progetti, Franco
Angeli, Milano.
Vedovelli, M. 2002. Guida allItaliano per stranieri. La prospettiva
del Quadro comune europeo per le lingue, Carocci, Roma.
Email flo@technet.it
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