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Insegnare la lingua attraverso i contenuti
(una proposta didattica per il laboratorio linguistico)
Fiorenza Quercioli1. Due
domande essenziali
La presenza di alunni stranieri nella scuola
dellobbligo pone problematiche che non si risolvono con la prima accoglienza. Anzi,
proprio da qui inizia la sfida: sfida didattica non meno che pedagogica. Come si insegna,
cosa si insegna ad un bambino che non parla la lingua attraverso cui normalmente vengono
veicolati i contenuti disciplinari ed educativi? La risposta sembra scontata: prima di
tutto dobbiamo fare in modo che il bambino impari la lingua e per questo lallievo
viene indirizzato al laboratorio linguistico, dove dedicherà parte del tempo che
normalmente trascorre a scuola allapprendimento della lingua seconda. Ed è proprio
il tipo di azione didattica da ideare ed attuare nel laboratorio linguistico che
cercheremo di delineare qui, senza tuttavia avere nessuna pretesa di risolvere così la
questione radicalmente una volta e per sempre. Al contrario, la proposta che discuteremo
di seguito vuole essere solo un suggerimento operativo, certo nato da precisi presupposti
teorici e da reali esperienze e riscontri pratici, ma pur sempre da sperimentare e
calibrare a seconda delle esigenze e dei vincoli individuali.
2. Le risposte: in teoria
Chi si è trovato ad operare in simili
situazioni didattiche sa che le domande poste sopra sono più che mai pertinenti e
richiedono una risposta chiara ed esauriente, che rappresenti un punto di partenza,
appunto, stabile e definito su cui si possano impostare le future scelte operative.
Sappiamo che per imparare una lingua si ha
bisogno prima di tutto di essere circondati da una comunità linguistica che rappresenti
l'ambiente di riferimento, di cui si senta il bisogno di far parte a pieno titolo e
perché questo si realizzi si deve essere in grado di comunicare e di interagire con le
persone che ne fanno parte. Quando si impara la lingua madre per esempio - e la stessa
dicitura lingua madre apre ampi spazi di riflessione sul valore
dellaffettività nel processo di acquisizione linguistica - la molla che mette in
moto l'intero processo di acquisizione - la motivazione è, fra
laltro, proprio questo desiderio, questa necessità di voler far parte della propria
comunità. Inizia così quel complesso processo che porterà l'individuo verso la sua
socializzazione e la sua realizzazione personale per cui la lingua non è solo il mezzo
comunicativo ed espressivo per eccellenza, ma lo strumento attraverso cui si
analizza, si organizza e si domina la realtà. All'inizio
questo strumento sarà imperfetto e rudimentale, ma proprio l'uso pratico nell'interazione
costante porterà il soggetto a raffinarlo e perfezionarlo sempre di più (1).
Dobbiamo quindi individuare una metodologia
didattica che si fondi su questi presupposti e che offra ai discenti la possibilità di
sentire che non stanno solo imparando una lingua, ma che questa lingua sarà funzionale al
loro inserimento sociale nella classe curricolare come gruppo di riferimento. In questo
senso le indicazioni operative più proficue sono rintracciabili negli assunti della Content-based
Language Instruction (CBLI) (2),
altrimenti detta Content and Language Integrated Learning (CLIL) (3) o insegnamento della lingua
attraverso i contenuti di studio, metodo che prevedendo luso della lingua straniera
o seconda per linsegnamento delle materie disciplinari, restituisce così alla
lingua il suo carattere di strumento per lorganizzazione del sapere e lo sviluppo di
abilità cognitive superiori.
Sebbene tale metodo possa fornire un valido
supporto teorico anche per la gestione della classe plurilingue, per ovvie esigenze di
spazio ci limiteremo in questa sede a prendere in considerazione solo le implicazioni
operative che ne derivano per impostare lazione didattica nel laboratorio
linguistico, rimandando ad un prossimo contributo lanalisi delle strategie
adottabili allinterno della classe curricolare. Prima di tutto dalla CBLI possiamo
desumere dei suggerimenti pratici che promuovano il rapido inserimento dei discenti
stranieri nella classe curricolare, problema non di rado sollevato dagli insegnanti che
rilevano, loro stessi a disagio, lisolamento e la frustrazione, in casi certi anche
lirrequietezza di questi allievi durante le lezioni, il che in ultima analisi rende
faticosa anche la gestione dellintera classe.
3. La proposta pratica
L'acquisizione della lingua italiana da
parte degli allievi stranieri non potrà esaurirsi nell'ambito del laboratorio
linguistico, che pure costituisce un ottimo punto di partenza, perché il laboratorio non
può rappresentare la comunità linguistica dell'allievo straniero: di questo fanno parte,
con l'eccezione dell'insegnante, solo ed esclusivamente persone nella sua stessa
condizione linguistica, che cioè non padroneggiano adeguatamente la lingua e quindi non
possono condurre come dovrebbero il lavoro di classe. L'ambiente di riferimento e in cui
lallievo straniero desidererà entrare a pieno titolo sarà piuttosto quello della
classe curricolare, dove altri alunni suoi pari fanno quello che realmente si deve fare a
scuola: imparano contenuti disciplinari che poi svilupperanno negli anni a venire fino a
realizzare il proprio progetto di sé. È chiaro a questo punto che
l'essere spostati nel laboratorio linguistico può assumere per lalunno straniero
una valenza demotivante, che certo non favorisce lo sviluppo di quella competenza
comunicativa in lingua italiana che sancirebbe il suo ingresso nella classe curricolare
come allievo fra allievi. Non solo gli alunni stranieri dovranno far parte del laboratorio
linguistico il minimo indispensabile per metterli in grado di comunicare, ma, più
importante, questo ambiente deve essere positivo per i suoi partecipanti: è quindi
necessario che gli allievi percepiscano utile, e quindi motivante, il lavoro che vi si
conduce e perché questo avvenga, il lavoro didattico proposto dovrebbe avere più
attinenza possibile con quello che si fa nella classe curricolare. Anche nelle
prime fasi dellapprendimento linguistico si possono individuare percorsi linguistici
legati a contenuti disciplinari che preparino gli allievi stranieri allingresso
nella classe curricolare; riteniamo anzi fondamentale che, proprio per favorirne il
precoce inserimento attivo allinterno della classe, nel laboratorio si debbano
guidare i discenti non solo verso l acquisizione e larricchimento della
competenza comunicativa tout court, ma che questa sia immediatamente spendibile,
per così dire, in attività da svolgere con i coetanei italiani.
3.1 La programmazione
La prima indicazione pratica che deriva
dalle nostre osservazioni riguarda la programmazione. Sarà infatti chiaro a questo punto
che perché si realizzi quanto abbiamo fin qui teorizzato linsegnante del
laboratorio linguistico e gli insegnanti curricolari dovranno individuare in sinergia le
aree contenutistiche e linguistiche su cui costruire il proprio lavoro. Se, per esempio,
in una scuola elementare le insegnanti di classe intendono far lavorare la classe sulle
tipologie abitative tipiche di certe epoche storiche e delle diverse aree geografiche,
linsegnante di lingua dovrà impostare la sua azione didattica in modo da fornire ai
discenti stranieri le basi linguistiche per partecipare a tale lavoro. Si dovranno quindi
individuare gli elementi lessicali, le strutture grammaticali e la tipologia testuale
inerenti allargomento disciplinare e impostare su questi lo studio della lingua.
3.2 Le attività interculturali
In secondo luogo non sfuggirà il fatto che,
anche solo tenendo a mente lesempio proposto sopra, una programmazione di questo
tipo deve prevedere anche attività di didattica interculturale tese a valorizzare le
differenze come potenziale arricchimento reciproco e nellambito di queste gli
allievi stranieri dovranno essere in grado, proprio per questi motivi, di dare il loro
contributo. Chi meglio di un discente, diciamo, cinese può parlare delle case che si
costruiscono nella sua area geografica di provenienza? Ma perché questo avvenga
lallievo in questione deve possedere gli strumenti linguistici per farlo.
A questo proposito potrebbe essere un chiaro
messaggio positivo da parte dellistituzione scolastica fare in modo che queste
attività interculturali si svolgano proprio nel laboratorio linguistico, alla presenza
dellinsegnante di lingua e dellinsegnante curricolare, dimostrando così che
il laboratorio non è unarea chiusa, ma aperta e comunicante con la classe
curricolare, dove anche gli allievi italiani possono essere invitati ad andare per
attività che riguardano tutto il gruppo-classe.
3.3 La scelta dei materiali per
il laboratorio linguistico
Anche se si è adottato un libro di testo
specifico per linsegnamento della lingua, si deve tener presente che, insegnando
Italiano in Italia, il mondo intero può fornire materiale da didattizzare e presentare
nel laboratorio di lingua. Data la natura del progetto didattico, sarà più che mai utile
organizzare le sequenze di apprendimento in unità tematiche per le quali la miglior
risorsa testuale è e rimane sempre il materiale usato dai coetanei italiani. Canzoni per
bambini o comunque conosciute ed apprezzate da giovani discenti, filastrocche, conte,
giochi didattici, pubblicità, fumetti, video di programmi per ragazzi sono tutti
materiali ampiamente utilizzabili per linsegnamento della lingua e per
lapprofondimento e il confronto culturali. Questi stessi materiali hanno inoltre una
indubbia valenza sociale per gli alunni stranieri: se si deciderà di partire, supponiamo
da una conta, per introdurre un certo materiale linguistico, non solo i bambini
impareranno la lingua, ma alla fine saranno anche in grado di partecipare ai giochi dei
coetanei italiani.
4. Conclusioni
Sostenere la partecipazione
dellallievo straniero alle attività didattiche curricolari, in ultima analisi
presenta anche ricadute positive sia nella sfera psicologica che in quella linguistica.
Infatti crediamo prima di tutto che la possibilità di partecipare attivamente almeno ad
alcune attività curricolari permetterà agli allievi di ritornare nella classe
curricolare sentendo di aver investito bene il tempo passato nel laboratorio linguistico.
Adottando questi pochi accorgimenti, il laboratorio linguistico
perderà la sua potenziale valenza negativa e la classe intera imparerà gradualmente a
lavorare in una prospettiva interculturale. Se poi ricordiamo che, come si è detto
sopra, la competenza comunicativa migliora con luso, proprio linterazione in
classe su temi noti, sarà la migliore occasione per riutilizzare e ampliare in maniera
più libera e creativa gli elementi linguistici acquisiti e questo aiuterà i discenti a
sviluppare infine la fiducia nelle proprie capacità necessaria per rischiare la propria
immagine di sé e partecipare in maniera linguisticamente sempre più attiva e
consapevole.
Certamente questo progetto didattico sarà
di più facile attuazione nella scuola elementare piuttosto che nella media, proprio per
la natura stessa dellorganizzazione scolastica. In una classe elementare si
alternano al massimo tre insegnanti, di norma già abituati a lavorare in gruppo; nella
scuola media non solo i docenti e le materie sono molti di più, ma spesso non esiste
alcun collegamento fra le varie discipline, che nella migliore delle ipotesi vengono
suddivise in due blocchi contrapposti: da un lato le materie umanistiche e dallaltro
quelle scientifiche. A questo proposito sarà interessante rilevare che solo molto
raramente si sono incontrati insegnanti di scienze o di matematica ai corsi di formazione
sullItaliano L2. Colpisce il fatto che talvolta gli stessi docenti di Lettere
ritengano di essere i soli a doversi far carico del problema dellintegrazione
scolastica degli alunni stranieri. È ovvio che la matematica, per esempio, si basa sui
numeri, che certo di per sé sono universali, ma purtroppo non si può dire altrettanto
della lingua che si usa per veicolare questi contenuti.
Nella scuola media diventa tuttavia ancora
più importante che tutti gli insegnanti coinvolti possano lavorare insieme per
individuare i testi più utili ed utilizzabili nellambito del laboratorio, i bisogni
linguistici e contenutistici degli allievi, le preconoscenze e gli elementi
socio-culturali (questi ultimi scontati per un italiano) sottesi ad ogni singolo testo.
Nondimeno la sfida in gioco vale questo
sforzo: i risultati potrebbero essere gratificanti per tutti, allievi e docenti, italiani
e stranieri.
Note
(1) Per una trattazione esaustiva sullacquisizione della lingua madre e le
implicazioni per insegnamento-apprendimento di una lingua seconda e/o straniera si vedano
Ciliberti 1994: cap. II; Freddi 1999: in particolare capp. I e II.
(2) Il metodo è ampiamente
illustrato in Brinton, Snow, Wesche 1989 e Stryker, Stephen, Leaver 1997.
(3) Cfr. Coonan 2000.
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Riferimenti
bibliografici
Balboni, P.E 1991.Tecniche didattiche e
processi di acquisizione linguistica. Padova. Liviana Editrice.
Balboni, P.E. (a cura di) 2000. Alias. Torino. Theorema.
Brinton, D., Snow, M.A., Wesche, M.B. 1989. Content-based Second Language Instruction.
New York. Newbury House Publishers.
Ciliberti, A. 1994. Manuale di Glottodidattica. Firenze. La Nuova Italia.
Coonan, M.C. 2000. La lingua straniera come veicolo di apprendimento.
"Selm", 5.
Cummins, J. 2000. Language, Power and Pedagogy. Multilingual Matters LTD.
Favaro, G. (a cura di) 1999. Imparare litaliano imparare in italiano. Milano.
Guerini e Associati.
Freddi, G. 1999. Psicolinguistica, Sociolinguistica, Glottodidattica. Torino.
UTET.
Stryker, S., Stephen, B., Leaver, B.L. 1997. Content-based Language
Instruction in Foreign Language Education: Models and Methods. Washington DC.
Georgetown University Press.
Titone, R. 2000. Esperienze di educazione plurilingue e interculturali in vari paesi
del mondo. Perugia. Guerra.
Email flo@technet.it
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