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N. 4
novembre-dicembre 2002
numeri precedenti


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1. Dopo che l'insegnante ha parlato
Leonardo Gandi

Un tipo di testo che i giovani allievi stranieri incontrano quotidianamente e si sforzano di comprendere è il testo prodotto dall’insegnante, quando parla, spiega, fa domande ecc., da solo o in collaborazione con uno o più studenti interlocutori. Spesso, per la sua natura volatile, questo testo riecheggia una volta sola in classe, dopo di che passa negli archivi delle memorie degli allievi sotto forma di "pacchetti" di informazione interpretata, più o meno ampia e più o meno corrispondente alle intenzioni e alle parole dell’insegnante. Registrare di tanto in tanto questo tipo di testi è un modo per limitare la loro volatilizzazione immediata, e questo al fine di riutilizzarli per successive attività didattiche.

Di questi testi (spontanei) registrati si possono fare almeno due usi. Si può farli riascoltare più volte al gruppo di allievi stranieri per sviluppare la capacità di comprensione. Si può usarli per fare grammatica, con gli allievi stranieri e italiani, magari differenziando, quando inevitabile, gli obiettivi e/o le modalità di svolgimento dell’attività.

È consigliabile svolgere il secondo tipo di attività dopo aver svolto il primo, anche in lezioni diverse. Avendo svolto l’attività di ascolto, orientata alla comprensione dei significati, gli allievi saranno mentalmente più liberi di passare all’attività grammaticale, che richiede di concentrarsi sugli aspetti formali del testo.

Qui mi limiterò a qualche suggerimento relativo al secondo possibile uso, quello grammaticale, di un testo orale prodotto dall’insegnante insieme a uno o più studenti.

Fare grammatica, secondo un diffuso modo di vedere, significa trovare dei modi per focalizzare l’attenzione degli studenti sulle forme linguistiche e sviluppare la loro capacità di comprendere in maniera esplicita il sistema e le possibilità della lingua. Una volta che un testo è stato letto o ascoltato, e in una qualche misura capito, si può riutilizzarlo per fare osservare/scoprire come funzionano alcuni suoi elementi caratterizzati da regolarità (presenti pur nel relativo "disordine" del parlato naturale). Si può cioè, come si usa dire, riflettere sulla lingua (autentica). Osservare i fenomeni, classificarli, ragionare su differenze e identità o affinità, avanzare ipotesi sono le abilità su cui far leva. Va da sé che quello che più conta è, appunto, mobilitare e sviluppare queste risorse. Se nell’attività si riesce a liberare una buona dose di energia – se si riesce a far sì che le menti facciano uno dei loro mestieri, cioè ragionare – l’attività è da considerarsi riuscita, e questo indipendentemente dai risultati raggiunti in termini di "risposte giuste o sbagliate".

Il lavoro di preparazione da parte dell’insegnante consisterà nel:

  • registrare di tanto in tanto dei brani della lezione di 2-3 minuti (spiegazioni, dialoghi con gli allievi, dialoghi fra allievi, momenti di ripasso, interrogazioni), cosa che con un piccolo registratore da poche decine di euro si può fare benissimo;
  • selezionare poi quel brano che, oltre ad essere in sé più interessante, si ritiene presenti dei tratti linguistici meritevoli di attenzione da parte degli allievi;
  • predisporre un foglio di lavoro, da consegnare agli allievi, che li guidi nell’analisi da svolgere sotto la sua conduzione. Normalmente una guida del genere contiene innanzitutto una trascrizione delle parti del brano dove si concentrano gli elementi linguistici oggetto di ricerca e di analisi (che verranno espunti dal testo) e quindi una o più domande che portino a sviluppare e approfondire gradualmente la ricerca.

Un possibile svolgimento dell’attività è questo:

  • gli allievi leggono la trascrizione e risolvono con l’aiuto dell’insegnante eventuali problemi di significato;
  • ascoltano più volte la registrazione (4-5 volte) e, durante gli ascolti, cercano di completare il testo con le parole o espressioni mancanti. Questa fase è svolta individualmente;
  • confrontano in coppie i risultati;
  • ascoltano ancora per risolvere eventuali dubbi o uniformare risposte diverse;
  • formano nuove coppie per un’ulteriore confronto dei risultati;
  • ascoltano ancora;
  • l’insegnante si mette a disposizione per rispondere a richieste di aiuto o chiarimento. (Le eventuali richieste di aiuto da parte degli allievi vengono soddisfatte solo quando si è sicuri che hanno lavorato in maniera non superficiale e dato fondo alle proprie risorse).
  • se l’attività prevede più compiti (come nel caso delle due qui proposte come esempio), si farà leggere la nuova istruzione, sempre preoccupandosi che sia ben compresa, e si procederà come sopra facendo svolgere il lavoro prima individualmente e poi a coppie.

Con gruppi ristretti o composti da allievi non sufficientemente abituati al lavoro in autonomia si può impostare tutto il lavoro (eccetto la fase iniziale di completamente del testo) come una discussione collettiva. L’insegnante avrà cura di coinvolgere tutti gli allievi, lanciando e rilanciando domande e problemi, ascoltando e prendendo nota delle ipotesi e risposte. In questa versione si può anche fare a meno di sottoporre i quesiti per iscritto: l’insegnante, sempre senza perdere di vista il percorso di riflessione prestabilito, dovrebbe allora prendere nota dello svolgimento della discussione per trarne alla fine un documento "pulito" che rifletta tutti i vari passaggi e risultati dell’analisi.

Le due attività esemplificative qui presentate muovono da stralci di scambi fra insegnante e studenti (1). La prima ha per obiettivo il riconoscimento di forme del passato prossimo e la ricostruzione (parziale) delle regole che governano la scelta degli ausiliari. È dunque un’attività orientata in senso morfosintattico. La seconda attività intende richiamare l’attenzione sull’uso di alcuni connettivi e segnali discorsivi tipici del parlato. È un’attività orientata in senso funzionale (2).

Ho poi aggiunto due attività di ricostruzione di parti dei testi orali analizzati (le parti che comprendono gli elementi presi in esame nelle attività precedenti). La tecnica utilizzata è l'incastro di parole in disordine. Nella seconda attività si chiede inoltre di trasformare i verbi all'infinito nella forma appropriata.

(1) I brani sono tratti da C. Ghezzi, R. Grassi, Interazione e plurilinguismo in classe, in S. Dal Negro, P. Molinelli (a cura di), Comunicare nella torre di Babele, Carocci, Roma 2002, pp.102-3. [torna al testo]
(2) I brani completi (riportati ciascuno alla fine dell’attività, fra le soluzioni) sono dati in una forma attenta alla leggibilità, senza quindi le originarie convenzioni di trascrizione del parlato. [torna al testo]

Email leonardogandi@libero.it


2. Ascoltiamo una canzone
Elisabetta Jafrancesco

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Email ejafran@libero.it

 

© Didattica & Classe Plurilingue 2002