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QUADRIMESTRALE A CURA
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N. 9
novembre-dicembre 2004
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Insegnanti Italiano Lingua Seconda
Associati |
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LUCIA MADDII, SERGIO VANNINI,
IL RIENTRO A SCUOLA
DOPO L’ABBANDONO. ITINERARI A RISCHIO,
Firenze,IRRE-Toscana, 2003
«Immaginiamo che un tuo
amico o una tua amica avesse smesso di studiare, e ora fosse incerto/a se
ricominciare o meno, e in che tipo di scuola.
Che cosa gli/le consiglieresti di fare?
Io consiglio sempre di fare ciò che ci fa stare bene, quindi di studiare
se ne sente il bisogno o di lavorare se ci è gratificante; come unica cosa
basta tener conto che il lavoro rende denaro concreto, la scuola può solo
insegnarti ad inserirti nella società (non è poco)» (pag.87).
Il tema dell’abbandono scolastico è oggi una delle maggiori problematiche
che il nostro sistema educativo si trova a dover fronteggiare.
Quali sono
i motivi che spingono un numero non irrisorio, anzi in aumento, di ragazzi
in età adolescenziale a lasciare l’istituzione scolastica? Sarebbe
semplicistico giustificare tale situazione con il desiderio di
indipendenza economica, che è pure presente in molti giovani studenti, e
imputarne la causa ai guasti di una società consumistica in cui predomina
l’avere sull’essere.
I dati statistici invitano piuttosto ad una
riflessione approfondita che coinvolge i cardini del sistema formativo in toto: la scuola di oggi e le agenzie educative in genere riescono a dare
risposte adeguate in termini di orientamento e formazione?
Quanto questi
elementi possono influire sulla scelta di un percorso di studio che
valorizzi e tenda allo sviluppo delle naturali inclinazioni dell’allievo adolescente?
Lucia Maddii e Sergio Vannini, ricercatori dell’IRRE-Toscana, raccolgono
la sfida implicita nelle domande di apertura e cercano di dare una
risposta coerente agli interrogativi che ruotano intorno all’abbandono e
al rientro scolastico.
I due ricercatori ci propongono quindi un volume
frutto di uno studio sistematico della realtà scolastica toscana in cui
emerge una compagine sociale a cui la scuola e le famiglie non sempre
riescono a venire incontro.
Il libro si apre con una presentazione del Presidente dell’IRRE Toscana,
Franco Cambi a cui seguono quattro capitoli i cui titoli (1. La ricerca,
2. Lo scenario regionale, 3. I percorsi e le scelte, 4.Ascoltando gli
studenti) ripercorrono i quattro punti fondamentali della ricerca e si
chiude con una conclusione in cui vengono tirate le fila del lavoro
svolto.
Partendo da una ricerca bibliografica e sitografica sull’argomento, lo
studio, commissionato dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca) e di cui il libro rende conto, riporta ed analizza i dati
raccolti attraverso un questionario conoscitivo distribuito e compilato in
un numero significativo di istituti superiori della regione.
Ad esso è seguito un colloquio-intervista semistrutturato e condotto
secondo il modello della “conversazione clinica” suggerito da E. Damiano
in Guida alla didattica per concetti (Milano, Juvenilia, 1995).
I
dati raccolti e analizzati nel volume sono quindi scaturiti da una ricerca
condotta a trecentosessanta gradi, utilizzando tutte le fonti di indagine
a disposizione e servendosi di strumenti conoscitivi sia di tipo
quantitativo – come il questionario – che di tipo qualitativo – come il
colloquio-intervista semistrutturato.
E’ poi da tener presente che entrambi gli strumenti conoscitivi indagano
in particolare le ragioni del rientro a scuola dopo l’abbandono, il che è
particolarmente significativo data la carenza di studi su questo punto
emersa nella fase di ricerca bibliografica e sitografica.
Se da un lato si
nota un crescente sforzo nell’individuare e predisporre percorsi formativi
che favoriscano il rientro a scuola, dall’altro sono state fino ad oggi
scarsamente indagate le motivazioni e gli scenari socio-affettivi che
potrebbero favorire il rientro in formazione.
Una ricerca di questo tipo mette dunque in luce i punti deboli e gli
elementi di forza che caratterizzano i giovani che abbandonano la scuola
e decidono successivamente di rientrare in un contesto di formazione,
punti ed elementi su cui è necessario riflettere per individuare le azioni
di sostegno e di potenziamento più opportune, che possano incoraggiare il
ritorno a scuola e il completamento del percorso formativo.
Qualsiasi
iniziativa formativa tesa a favorire il rientro scolastico, per essere
efficace ed ottenere il successo sperato, non può essere infatti a priori,
ma caso mai a posteriori: deve pertanto basarsi sulle reali peculiarità
sociali ed affettive dei giovani, potenziali utenti di tali offerte
formative, se non vuole dare risposte parziali e incomplete o cadere nel
vuoto.
Nello studio di Maddii e Vannini la parola viene quindi saggiamente data
ai ragazzi stessi, che attraverso il questionario e il
colloquio-intervista hanno la possibilità di esprimere il proprio punto di
vista, le proprie emozioni e di essere ascoltati tenendo nel debito conto
le loro risposte.
I giovani apprendenti sono dunque invitati a raccontarsi
e nel fare questo vengono guidati a entrare in contatto con le loro
motivazioni ed aspettative, con il loro disagio e con il senso di
fallimento sperimentato nel momento dell’abbandono, contrapposto in molti
casi al senso di rivincita e di superamento di una crisi che
contraddistinguono la percezione di sé rispetto al rientro.
Questo si
avverte particolarmente nelle risposte date alla domanda aperta del
questionario e che è stata riportata nella citazione all’inizio di questa
recensione, oltre che nell’intera sezione in cui vengono analizzati i
risultati del colloquio-intervista. La strutturazione della ricerca offre
quindi anche un modello per azioni di counselling da svolgere all’interno
delle scuole qualora si noti, in certi allievi, un disagio che
prevedibilmente potrebbe sfociare nell’abbandono scolastico.
La somministrazione del questionario, opportunamente riadattato, e del
colloquio-intervista potrebbe aiutare l’allievo a prendere coscienza di sé
stesso e indirizzarlo nella scelta più appropriata, in modo da limitare la
dispersione scolastica.
Nel corso del volume, emerge allora davanti al lettore uno scenario
complesso che investe ambiti scolastici ed extrascolastici, e che vanno
dalla biografia scolastica degli allievi alle attività del tempo libero e
svolte nel periodo di interruzione, fino alla sfera psicologica e
sociologica.
Fra quelli analizzati e commentati dai due ricercatori, il dato che più
colpisce è rilevare come nella stragrande maggioranza dei casi l’abbandono
venga imputato ad una scelta errata, il che rimanda direttamente alla
questione dell’orientamento. Dalle risposte dei ragazzi si evince
piuttosto chiaramente che nel corso della scuola dell’obbligo non è stato
possibile mettere completamente a fuoco i propri reali interessi e
inclinazioni o, quando questo sia avvenuto, non ci si sentiva sicuri che
gli adulti avrebbero accettato e sostenuto le scelte conseguenti. In altre
parole gli allievi si sentivano immaturi per compiere delle scelte
consapevoli e in armonia con sé stessi e si rivolgevano quindi alla
famiglia per ricevere dei consigli in merito, ma le risposte ricevute
raramente consideravano l’aspetto vocazionale che la scuola superiore
dovrebbe sviluppare per condurre l’allievo a realizzare il proprio
progetto di sé, progetto che nella fase dell’obbligo scolastico dovrebbe
se non altro, essere almeno abbozzato.
Si delinea quindi un quadro in cui si evidenzia innanzi tutto la carenza
di didattica dell’orientamento sul versante dell’istituzione scolastica,
mentre su quello familiare si osserva come i genitori, scoprendosi
impreparati al compito orientativo, preferiscano delegare alla scuola o ad
altre istituzioni e singoli, il ruolo di counselor dei propri figli. Conseguentemente si rileva uno scollamento fra i due perni della
formazione dei giovani – la scuola e la famiglia – che al contrario
dovrebbero agire in sinergia almeno per tutto il percorso della scuola
dell’obbligo confrontandosi e condividendo il progetto educativo di cui il
ragazzo deve essere protagonista.
Il rientro a scuola dopo l’abbandono è in ultima analisi un testo che
tenta di fotografare la realtà multiforme di coloro che decidono di
riprendere il percorso formativo dopo un periodo di interruzione e nel
fare questo ci offre anche vari punti di riflessione che investono il
ruolo dell’educatore, sia in contesto scolastico che familiare, ma al
tempo stesso presenta un possibile modello di intervento che potrebbe
rivelarsi assai utile nella gestione e risoluzione positiva della crisi
che generalmente precede l’abbandono.
Fiorenza Quercioli
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