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Lorganizzazione
della scuola plurilingue e interculturale
Fiorenza Quercioli
1. Introduzione
Come si ritiene già da qualche tempo, di
fronte alla presenza sempre crescente di alunni stranieri nella scuola dell'obbligo,
l'istituzione scolastica deve prepararsi a dare risposte anche pratiche, che risolvano in
modo rapido ed appropriato i problemi contingenti che possono presentarsi. È evidente
infatti che lassetto tradizionale delle nostre scuole, basato su una certa
omogeneità linguistica e culturale degli allievi, non risponde più alle esigenze di una
popolazione scolastica divenuta nel frattempo sempre più multiculturale. Se ammettiamo
che sia ormai superata la fase dellemergenza (1) in cui la scuola, impreparata per mancanza di esperienza
ad accogliere gli alunni stranieri, procedeva per tentativi spesso grazie alla buona
volontà dei suoi insegnanti, dobbiamo concludere che sia venuto il momento di strutturare
le esperienze pratiche e le indicazioni teoriche che nel frattempo si sono prodotte,
allinterno dellorganizzazione scolastica.
Daltra parte un'azione didattica
efficace non può attuarsi in un ambiente confuso e incerto, al contrario deve innestarsi
su un programma chiaro e definito che sostenga l'apprendimento della lingua seconda e
l'integrazione degli allievi stranieri all'interno della comunità scolastica. Ogni scuola
deve predisporre quindi un percorso scandito da tappe che grosso modo corrispondano alle
fasi dellacquisizione linguistica e individuare delle figure professionali, delle
competenze didattiche a cui spetti la gestione dei vari momenti dellinserimento
degli alunni stranieri nelle classi curricolari (2). Se sappiamo cosa fare e come farlo, il nostro intervento
risulterà più sollecito e meno frustrante per tutti; tuttavia non dobbiamo dimenticare
che, anche identificando nuovi ruoli didattici e formativi, è lintero collegio dei
docenti che dovrà occuparsi di dare risposte adeguate a questa come ad altre situazioni
problematiche. Non è pensabile che, per esempio, una volta individuato un mediatore
culturale, lo si utilizzi in classe per fare la traduzione delle spiegazioni, e
identificare i docenti che possono occuparsi delle prime fasi dellapprendimento
della lingua seconda, non significa delegare a loro il problema, ma piuttosto collaborare
con queste figure professionali per far sì che certe fasi si realizzino nel modo più
proficuo possibile. Allo stesso modo, individuare una strategia per la gestione della
classe plurilingue, non vuol dire trovare il toccasana a tutti i mali della classe: ogni
strategia può funzionare benissimo con una classe e richiedere una revisione quando usata
con un altro gruppo. Allinterno della nuova organizzazione della scuola plurilingue
e interculturale, linsegnante deve avere una mentalità flessibile e collaborativa o
si rischierà di procedere aridamente, per compartimenti stagno, magari pensando di essere
di fronte a un problema senza soluzione.
In questottica, di seguito
individueremo e analizzeremo i momenti fondamentali dellinserimento linguistico e
sociale dellalunno straniero negli istituti scolastici e nelle classi curricolari.
2. Accoglienza: non solo un problema
linguistico
Al suo arrivo nella nuova scuola
lallievo straniero deve sentirsi atteso ed accettato e questo possiamo farlo
soprattutto mettendolo in grado di capire che cosa ci si aspetta da lui e qual è il
comportamento "normale" per gli altri allievi.
Sarà quindi opportuno che la scuola abbia a
disposizione alcuni nominativi di mediatori culturali da far intervenire in questo e in
altri momenti fondamentali della vita scolastica, anche per gestire le interazioni con la
famiglia immigrata, che nel migliore dei casi parla poco e male la nostra lingua. Ogni
istituto ha infatti un suo regolamento e una sua organizzazione interna che non sempre
sono scontati per uno straniero. Predisporre delle traduzioni di questi documenti nella
lingua madre degli allievi stranieri, facilita linserimento sociale dei bambini e
delle loro famiglie e previene possibili tensioni allinterno delle classi e dei
plessi scolastici. Ricordiamo a questo proposito che lorganizzazione della scuola e
il tipo di relazioni che normalmente si instaurano fra allievi e insegnanti o fra genitori
e insegnanti, non sono uguali in tutte le nazioni e in tutte le culture, per cui molto
spesso lalunno straniero non segue una determinata regola dellistituto
(italiano) in cui si trova, semplicemente perché non la conosce e non fa parte del suo
sistema di riferimento.
Latteggiamento della scuola, di fronte
a queste infrazioni, può essere di due tipi: si decide di sanzionare linosservanza
esattamente come si sarebbe fatto con un alunno italiano oppure si tende a passarci sopra
perché, chiaramente, si ritiene che quel particolare studente non lo ha fatto
volontariamente in quanto non poteva capire neanche che cera una regola da
rispettare. Entrambe queste reazioni non sembrano corrette, né verso i ragazzi stranieri
né verso i ragazzi italiani e in effetti, di fronte al secondo caso, questi ultimi spesso
si ribellano e non raramente giungono fino a dimostrare sentimenti di rabbia verso i loro
coetanei non italofoni.
Se ci pensiamo bene questa risposta non è
del tutto fuori luogo: come è possibile che bambini e adolescenti a cui si va ripetendo
che per vivere civilmente insieme si devono rispettare delle regole, accettino poi che ci
sia qualcuno che è autorizzato a non seguire le stesse regole che noi predichiamo? Ecco
che i coetanei stranieri vengono visti come dei privilegiati da contrastare. E in più: la
scuola dovrebbe avere anche il compito di insegnare a tutti una competenza sociale, ossia
di preparare tutti, indistintamente, a vivere armoniosamente insieme, ma i messaggi che
arrivano con queste due risposte presentano in ogni caso un aspetto negativo. Se il
bambino straniero viene ripetutamente punito per trasgressioni che non poteva sapere di
compiere in quanto alloscuro delle regole, assumerà di trovarsi in un mondo ostile,
dal quale deve difendersi e molto probabilmente tenderà a rinchiudersi in sé stesso e a
nutrire sentimenti di ostilità verso la cultura "altra". Se invece la
disobbedienza non viene fatta notare, lo stesso allievo immigrato potrebbe ritenere di non
aver nessun obbligo di rispettare le regole proprio in quanto straniero sviluppando verso
i compagni, di cui abbiamo già evidenziato la predisposizione negativa che può
conseguirne, un atteggiamento sbruffone e poco socializzante.
Ma se lalunno viene informato fin dal
suo arrivo sulle norme che regolano la vita scolastica e se il mediatore culturale
interviene in questa prima fase per chiarire e discutere con il bambino e con la sua
famiglia i punti intorno ai quali si potrebbero produrre degli incidenti interculturali,
non solo sarà molto probabile che anche gli allievi stranieri cerchino di attenersi al
regolamento scolastico, ma in più ogni eventuale trasgressione potrà essere ripresa
senza timore di creare frustrazioni o conflittualità allinterno della classe o
dellistituto. Se siamo daccordo sul fatto che lo studente immigrato debba
essere considerato, da tutti i punti di vista, uguale ai coetanei italiani, dobbiamo anche
fare in modo che si crei lambiente sociale idoneo a realizzare questo obiettivo,
mentre se continuiamo ad adottare i comportamenti sopra riportati, in ultima analisi lo
faremo sentire sempre un diverso e questa percezione arriverà anche ai compagni che
svilupperanno così un atteggiamento di emarginazione nei confronti del bambino straniero.
Ogni scuola è ormai in grado di fare delle
previsioni abbastanza esatte sulle etnie maggiormente presenti al suo interno: basterà
quindi predisporre delle traduzioni tenendo conto di questi dati e proprio i mediatori
culturali sono i più adatti a compiere questo lavoro che servirà da punto di riferimento
per la loro stessa opera di mediazione. Una volta predisposta e sperimentata la procedura
da seguire, anche gli arrivi di allievi immigrati ad anno scolastico già iniziato saranno
un problema più facilmente gestibile.
Il secondo bisogno dellallievo appena
arrivato riguarda senza dubbio lapprendimento della lingua seconda e per far fronte
a questa necessità le scuole hanno attivato al loro interno i laboratori linguistici.
Abbiamo già parlato del tipo di azione didattica da attuare nel laboratorio linguistico (3), quindi adesso cercheremo
di individuare i tempi di permanenza dei bambini nel laboratorio linguistico e la
collocazione di questo spazio linguistico. Non sarà infatti superfluo ricordare che più
che di un laboratorio linguistico chiuso e appartato, la nuova scuola plurilingue, ha
bisogno di unaula interculturale, aperta e in costante comunicazione con le classi
curricolari, luogo deputato in cui le differenze vengono valorizzate e armonizzate. Dove
si trovi fisicamente questo spazio assume allora unimportanza relativa,
limportante è che venga percepito come un luogo in cui si fa anche didattica
interculturale e di cui fanno parte tutti gli allievi, italiani e stranieri.
Per quanto riguarda invece il tempo di
permanenza dellallievo straniero allinterno del laboratorio linguistico,
diremo che il suo inserimento nella classe curricolare può essere promosso quasi da
subito durante lo svolgimento di attività di tipo più pratico, che richiedono per
esempio una dimostrazione visiva o unattività fisica (4).
Trattandosi comunque di allievi molto giovani e per giunta circondati da un ambiente
ampiamente italofono, riteniamo che se sostenuto da unazione didattica efficace,
lapprendimento della lingua seconda almeno al livello della comunicazione
quotidiana, possa esaurirsi nellarco di un anno scolastico. Un laboratorio
linguistico per un livello principiante dovrebbe potersi svolgere almeno per sei ore alla
settimana facendo sì che questi incontri vengano programmati in modo da non escludere il
bambino da quelle attività di classe che potrebbe seguire anche con la poca competenza
linguistica che possiede.
3. Lutilizzo di testi facilitati e
semplificati: una transizione
Non è detto che lallievo che ha
sviluppato la competenza comunicativa di base necessaria per gestire le interazioni
quotidiane, di per sé poco esigenti, abbia maturato anche la competenza linguistica
indispensabile per affrontare i testi disciplinari, che al contrario richiedono una
padronanza linguistica di tipo specialistico e in grado di sostenere lo sviluppo dei
processi cognitivi inerenti allo studio delle materie scolastiche (5).
A questo punto lalunno può quindi
essere inserito nella classe curricolare, ma avrà bisogno che gli siano messi a
disposizione dei testi di studio semplificati e facilitati che gli permettano di capire i
contenuti veicolati dalla lingua seconda senza eccessivi sforzi o frustrazioni.
Non ci soffermeremo sui criteri da seguire
per la preparazione di questi testi, su cui molto è già stato detto (6), ma tenteremo di riflettere sulla validità linguistica e
pedagogica di questa operazione di facilitazione e semplificazione.
Da un lato tali testi rispondono a un
bisogno linguistico e sociale dellallievo, che senza di essi non avrebbe la
possibilità di misurarsi con le materie di studio e di impadronirsi dei contenuti
disciplinari rimanendo così costantemente indietro rispetto ai compagni italofoni, ma
dallaltro, a lungo andare, potrebbero non essere più stimolanti, non rappresentare
più una sfida positiva per lo studente, che quindi non troverebbe più in essi la
necessaria motivazione a progredire nellacquisizione della lingua seconda.
Da un punto di vista psicologico, inoltre,
il continuo utilizzo di testi semplificati e facilitati, potrebbe indurre il discente a
ritenere di non essere allaltezza dei coetanei, vedendosi confinato in una posizione
di costante diversità rispetto al resto della classe, che riesce più o meno bene a
confrontarsi con i testi disciplinari senza grossi interventi da parte
dellinsegnante.
I testi semplificati e facilitati devono
quindi rappresentare una fase di transizione per lallievo che, uscito dal momento
dellaccoglienza, comincia a prendere parte a pieno titolo al lavoro che si svolge in
classe e che viene gradatamente confrontato con la lingua delle materie scolastiche. Non
utilizzarli significherebbe, a nostro avviso, porre lallievo di fronte ad un compito
ingestibile perché la sua competenza linguistica, a questo punto, non può essere
sufficiente per affrontare senza mediazioni lo studio disciplinare, ma continuare ad
utilizzarli per troppo tempo, quando ormai si capisce che il discente riesce a dominarli
con una certa facilità, sarebbe controproducente sia da un punto di vista linguistico che
pedagogico. Lutilizzo dei testi semplificati e facilitati è appunto un momento di
transizione verso la piena integrazione dellallievo straniero allinterno della
classe e questo deve restare. Starà alla sensibilità dellinsegnante capire quando
si può passare alla fase successiva, in cui lallievo viene integrato completamente
nella classe.
4. La gestione della classe plurilingue:
un problema di strategie didattiche.
La vera sfida, sia per lalunno che
per linsegnante, inizia proprio adesso, quando la competenza comunicativa del
discente si è avviata verso lo sviluppo della lingua dello studio. È questo il momento
più delicato, in cui le inevitabili difficoltà potrebbero inibire irrimediabilmente i
progressi linguistici e il rendimento scolastico. È quindi a questo punto che
allinsegnante curricolare viene richiesto limpiego di strategie didattiche
nuove, basate sullanalisi della classe e in grado di favorire la crescita culturale
dellalunno straniero senza trascurare il resto del gruppo.
Riteniamo infatti che allinterno di
ogni gruppo-classe lallievo straniero non sia il solo ed unico discente ad avere
problemi a studiare le materie disciplinari, anche se talvolta sembra il contrario, e che
questo dato di fatto debba guidare linsegnante nellindividuazione di modalità
didattiche che possano rappresentare unoccasione di arricchimento per tutta la
classe. A nostro parere i principi della Content-based Language Instruction,
esposti già nel precedente numero come fondamentali per lorganizzazione didattica
del laboratorio linguistico, possono offrire interessanti indicazioni anche in questo
senso e aiutarci a scoprire una serie di attività, molte delle quali da svolgere in
gruppo, che possono risultare stimolanti per tutta la classe e in cui tutti possono
trovare beneficio. Abbiamo già discusso dettagliatamente in altra sede i vantaggi di una
strategia didattica fondata su questi assunti teorici (7), per cui ci limiteremo ora a sottolinearne limportanza
allinterno di un programma didattico di insegnamento della lingua seconda che miri
seriamente a dare a tutti gli allievi le stesse opportunità di successo scolastico,
qualsiasi sia la loro provenienza e la loro etnia.
Solo quando questo obiettivo si sarà
realizzato potremo considerare armoniosamente concluso il percorso dellallievo
straniero verso lintegrazione scolastica e sociale.
Note
(1) Cfr. Jafrancesco, E. (a cura di): Intercultura e insegnamento
dellItaliano a immigrati: oltre lemergenza, Atti del IX Convegno I.L.S.A.,
Firenze, Tipografia Comunale, 2001. torna al testo
(2) Siamo consapevoli del fatto che molto spesso le scuole devono fare i conti con la
carenza di organico, ma in base alla legislazione vigente può essere richiesto personale
aggiuntivo se nella scuola si raggiunge il 10% di presenze di alunni stranieri e in molti
casi, quando questa condizione non si realizza, le amministrazioni comunali,
opportunamente sensibilizzate, intervengono con fondi propri. torna al testo
(3) Cfr. "Didattica e classe plurilingue", n. 1, aprile-maggio
2002. torna al testo
(4) Cfr. Luise, M.C.: LItaliano per lo studio e il successo scolastico, http://helios.unive.it/~aliasve/moduli.html.
(5) Secondo lo studioso canadese J. Cummins, la lingua si sviluppa su due livelli: il
primo che chiama Basic Interpersonal Communicative Skills (BICS) riguarda la
comunicazione quotidiana, mentre il secondo che definisce Cognitive Academic Language
Proficiency (CALP), è indispensabile per studiare. torna al testo
(6) Cfr. fra laltro, larticolo
di Elisabetta Jafrancesco sul numero precedente di questo bollettino.
(7) Cfr. Quercioli, F.: Dallinsegnamento della lingua basato sui contenuti alla
gestione della classe plurilingue: unipotesi didattica, in "SeLM"
(Scuola e Lingue Moderne), 5-2002. torna al testo
Riferimenti
bibliografici
BALBONI, P. E. : Parole
comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia,
1999.
CUMMINS, J. e SWAIN, M.: Bilingualism in Education, Addison Wesley Longman Limited,
N.Y., 1986.
CUMMINS, J.: Language, Power and Pedagogy, Multilingual Matters LTD, 2000.
FAVARO, G. (a cura di): Imparare litaliano imparare in italiano, Guerini e
Associati, Milano, 1999.
JAFRANCESCO, E.: (a cura di): Intercultura e insegnamento dellItaliano a
immigrati: oltre lemergenza, Atti del IX Convegno I.L.S.A., Firenze, Tipografia
Comunale, 2001.
JAFRANCESCO, E.: Labilità
di lettura: leggibilità di un testo e proposte di facilitazione in
"Didattica e classe plurilingue", n.1, aprile-maggio 2002
LUISE, M.C.: LItaliano per lo studio e il successo scolastico, http://helios.unive.it/~aliasve/
MADDII, L.: Laccoglienza degli
alunni stranieri: questioni e proposte in: "Iter on line La scuola
altrove", http://www.treccani.it/iteronline2002,
marzo 2002.
QUERCIOLI, F.: Dallinsegnamento della lingua basato sui contenuti alla gestione
della classe plurilingue: unipotesi didattica, in "SeLM" (Scuola e
Lingue Moderne), 5-2002.
Email flo@technet.it
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